Diritto di accesso dei consiglieri comunali

L’accesso agli atti da parte dei Consiglieri comunali e provinciali è disciplinato dall’art. 43, comma 2, del T.U.E.L. n. 267/2000, che riconosce a questi il diritto di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del loro mandato. Peraltro, in ragione della titolarità del diritto “muneris causa”, l’esercizio non richiede l’onere della motivazione da parte del consigliere, come affermato dal Consiglio per il quale il consigliere comunale “non è tenuto a specificare i motivi della richiesta, né gli organi burocratici dell’ente hanno titolo a richiederlo” (sentenza sez. V, del 13 novembre 2002, n. 6293).
Con la sentenza n. 2716 del 4 maggio 2004, Io stesso Consiglio, ha introdotto ulteriori elementi che ampliano e rafforzano il diritto in parola, ritenendo che”.., Ì consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento del loro mandato, senza’alcuna limitazione”. Pertanto,”… una richiesta di accesso avanzata da un consigliere a motivo dell’espletamento del proprio mandato risulta congruamente motivata e non può essere disattesa dall’Amministrazione”. A conferma di ciò, con una successiva decisione ha dichiarato illegittima la norma regolamentare con la quale un Comune aveva previsto l’imposizione dell’obbligo di motivazione alle richieste di atti del Consigliere comunale (Consiglio di Stato, sentenza n. 929 del 22/02/2007).

RISERVATEZZA. Quanto alla riservatezza degli atti essa viene ritenuta dalla stessa sentenza n. 2716/04, sufficientemente tutelata dalla disposizione di cui all’art. 43, comma 2 del d. Igs. 18 agosto 2000, n. 267 che stabilisce: i consiglieri ” sono tenuti al segreto nei casi specìficamente ì determinati dalla legge”. Il Consiglio di Stato osserva, infatti, che”… essendo i detti consiglieri tenuti al segreto nel caso di atti riguardanti la riservatezza dei terzi, non sussiste, ali ‘evidenza, alcuna ragione logica perché possa essere inibito l’accesso ad atti riguardanti i dati riservati di terzi’.
L’art. 43, comma 2, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e la specificità del titolo che abilita i Consiglieri all’esercizio del diritto di accesso, rispetto a quello generale di cui alla legge n. 241/90, non consentono di apporre alla predetta facoltà conoscitiva limitazioni che non siano espressamente contemplate dalla pertinente disciplina legislativa.
Pertanto il diritto di accesso del consigliere comunale non conosce i vincoli e le limitazioni previsti dall’ ordinario accesso di cui alla legge n. 241/1990, ed in particolare quelli relativi alla riservatezza dei terzi.
La legge non prende dunque in considerazione la posizione di coloro che potrebbero opporsi all’accesso ( cui accorda come unica protezione l’obbligo del segreto a carico del consigliere comunale, con possibilità di far eventualmente valere nelle sedi competenti la violazione di tale obbligo ) e pertanto non è configurabile in materia alcun controinteressato (CdS, sez V, n. 5264/2007)

L’ESPLETAMENTO DEL MANDATO. Riguardo alla finalità dell’espletamento del mandato, il Consiglio di Stato (V Sez. , 4 maggio 2004, n. 2716; conforme Cds Sez.V, 9/10/2007 n. 5264 ) ha affermato che “Allorché una richiesta di accesso è avanzata per l’espletamento del mandato risulta, invero, insita nella stessa l’utilità degli atti richiesti al fine dell’espletamento del mandato. Il riferimento alle notizie ed alle informazioni “utili” contenuto nella norma in esame, non costituisce affatto una limitazione, se appena si considera l’intero contesto della disposizione. Il diritto di accesso è stato, infatti, attribuito ai consiglieri comunali per “tutte le notizie e le informazioni… utili all’espletamento del proprio mandato” e, quindi, per tutte le^ notizie ed informazioni ritenute utili, senza alcuna limitazione. Dal termine “utili” contenuto nella norma in oggetto non consegue, quindi, alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, bensì l’estensione di tale diritto a qualsiasi atto ravvisato utile all’espletamento del mandato “.
Ne consegue che il diritto di accesso ricomprende “tutti quegli atti, ancorché non strettamente riferiti alle competenze del Consiglio Comunale, ma inerenti alle potenziali esplicazioni del munus di cui ciascun Consigliere risulta investito” e si estende, quindi agli “atti gestionali ed a quelli rientranti nella competenza della burocrazia comunale “(Parere del CdS 17/12/03, n.4849;.

LIMITI ALL’ACCESSO. Riguardo ai profili di limitazione dell’accesso, la sentenza del Consiglio dì Stato n. 4471 del 2/09/2005 ha affermato che “…il consigliere comunale non può abusare del diritto all’informazione riconosciutogli dall’ordinamento, piegandone le alte finalità a scopi meramente emulativi o aggravando eccessivamente, con richieste non contenute entro gli immanenti limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, la corretta funzionalità amministrativa dell’ente civico “. Successivamente, un ulteriore passo in avanti è stato fatto con la sentenza del CdS n. 6960 del 28/11/2006 con cui è stato puntualizzato che non sono da ritenere coerenti col mandato dei consiglieri richieste di accesso che, per il numero degli atti richiesti e per l’ampiezza della formulazione, si risolvano in un eccessivo e minuzioso controllo dei singoli atti. Dette richieste . .si configurano come forme di controllo specifico, non già inerente alle funzioni di indirizzo e controllo polìtico-amministrativo ” demandate dalla legge ai consigli comunali”. Al riguardo il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità di una disposizione regolamentare di un ente che imponeva l’utilizzo di un modulo in cui fosse indicato ogni singolo documento amministrativo richiesto, ma ha soprattutto sostenuto la legittimità del diniego di accesso motivato dalla necessità di arrecare il minor aggravio possibile, sia organizzativo che economico, agli uffici e al personale dell’ente. Di conseguenza le pretese conoscitive dei consiglieri e le evidenti esigenze di funzionalità dell’amministrazione locale giustificano l’adozione da parte dell’ente, di specifiche norme regolamentari per la disciplina del diritto di accesso (C.d.S. Sez.V, citata sent.6960/2006).

GRATUITA‘. Al riguardo la giurisprudenza è costante nell’affermare il principio della gratuità del diritto del consigliere di prendere visione o di estrarre copia di atti e documenti, in quanto l’esercizio del diritto in parola attiene alla funzione pubblica e non ad un interesse individuale e privato ed un eventuale rimborso del costo di riproduzione potrebbe incidere negativamente sull’intendimento dei consiglieri di approfondire l’esame di questioni nell’interesse della collettività.
Ciò non esclude che l’Ente locale possa adottare, in sede di regolamento, accorgimenti finalizzati a ridurre i costi sopportati.
Al riguardo, una nota del Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione centrale per le Autonomie Prot. n. 15900/545/L.142/Ì Bis/ 5.10 /n2005/12013/222 EE.LL. afferma l’esigenza che “gli Enti Locali, al pari di tutte le Pubbliche Amministrazioni” curino “tutti gli adempimenti a loro carico”, essendo tenuti ua dotarsi di tutti i mezzi (personale, strumentazioni tecniche, materiali vari) necessari all’assolvimento dei loro compiti” finalizzati a garantire il diritto di accesso di cui al predetto art. 43, comma 2, del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000 (cfr. sul punto la dianzi citata decisione di Cons. Stato, Sez. V, 2716 del 2004) e, dall’altro, il “generale dovere della Pubblica Amministrazione di ispirare la propria attività al principio di economicità … che incombe non solo sugli uffici tenuti a provvedere, ma anche sui soggetti che richiedono prestazioni amministrative, i quali – specie se appartenenti alla stessa amministrazione – sono tenuti, in un clima di leale cooperazione – a modulare le proprie richieste ” (cfr. parere della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dd. 10 dicembre 2002).
Contemperando tali opposte esigenze il Ministero perviene alla conclusione che “soprattutto nel caso in cui il Consigliere Comunale chieda anche l’estrazione di copie di atti, la cui fotoriproduzione comporti, -tome nella fattispecie, un costo elevato e l’oggettiva difficoltatila mancanza di una strumentazione idonea, si ritiene che l’Ente possa senz’altro prevedere nell ‘emanando regolamento sulle modalità di accesso agli atti, alcuni precisi temperamenti o modalità alternative rispetto a quelli usuali, come ad esempio quello illustrato (riproduzione delle planimetrie su CD-rom in versione PDF non modificabile) che possano ovviare ai problemi sopra illustrati, assicurando, al contempo, il diritto di accesso del richiedente ed il regolare svolgimento dell ‘attività amministrativa dell ‘ente “.
Sostanzialmente alle stesse conclusioni perviene il TAR Veneto (sent. N. 3897/2006) allorché sancisce la legittimità di una norma di un regolamento comunale che dispone: “nel caso in cui le richieste abbiano ad oggetto l’estrazione di copie di atti elaborati, la cui foto¬riproduzione comporti un costo elevato, quali ad esempio le tavole dei P.R.G., le tavole di varianti urbanistiche e quant ‘altro abbia ad oggetto planimetrìe di dimensioni consistenti, sono previste modalità alternative quali la riproduzione su CD-rom in formato PDF, non modificabile “.

vedi anche [diritto di accesso documentale]