AUTODICHIA

L’autodichia è la facoltà, di cui godono alcuni organi costituzionali, di decidere autonomamente ed in deroga al principio di separazione dei poteri i ricorsi avanzati dai propri dipendenti avverso atti di amministrazione prodotti dagli organi stessi. Essa viene definita anche giurisdizione domestica e spetta al Parlamento (ai sensi degli art. 12 comma 3 reg. Camera e 12 comma 1 Reg. Senato) ed alla Corte Costituzionale (secondo l’art. 14 comma 3 l. 11 marzo 1953, n. 87). La ragione di tale prerogativa viene di regola individuata nell’indipendenza che caratterizza tali organi. (www.brocardi.it)

Con la sentenza n. 262/2017 la Corte Costituzionale ha affermato che le Camere e la Presidenza della Repubblica hanno il potere di decidere, tramite gli attuali organi interni di autodichia, le controversie di lavoro dei rispettivi dipendenti. L’autonomia normativa degli organi costituzionali investe infatti anche gli aspetti organizzativi, ovvero tutto ciò che riguarda “il funzionamento degli apparati amministrativi serventi, che consentono agli organi costituzionali di adempiere liberamente e in modo efficiente alle proprie funzioni costituzionali”. Tale situazione non equivale a un’assenza di tutela poiché il rimedio è affidato ad organi interni che garantiscono imparzialità e competenza specializzata. E poiché non si tratta di giudici speciali, contro le loro decisioni non è ammissibile il ricorso in Cassazione.

La Corte costituzionale ha respinto il ricorso delle sezioni unite civili della Cassazione che lamentavano una lesione della propria sfera di attribuzioni. Al tempo stesso ha fissato alcuni paletti all’autodichia degli organi costituzionali. Secondo la Consulta, infatti, “intanto l’autodichia degli organi costituzionali non è lesiva di attribuzioni costituzionali altrui in quanto (e solo in quanto) riguardi i rapporti di lavoro dei dipendenti” (ne sono quindi esclusi i rapporti giuridici con terzi e le controversie in materia di appalti e forniture di servizi).

“D’altra parte – si legge nella sentenza – ammettere che gli organi costituzionali possano regolare da sé i rapporti con il proprio personale, per poi consentire che siano gli organi della giurisdizione comune a interpretare e applicare tale speciale disciplina, significherebbe dimezzare quella stessa autonomia che si è inteso garantire”.

I giudici costituzionali rilevano che i regolamenti delle Camere e della Presidenza della Repubblica prevedono organi di autodichia che, benché “interni” ed estranei all’organizzazione giudiziaria, sono però costituiti “secondo regole atte a garantire la loro indipendenza e imparzialità”. Inoltre, sia in primo che in secondo grado, il giudizio si svolge “con un procedimento sostanzialmente giurisdizionale che garantisce il diritto di difesa e un effettivo contraddittorio”. Affidare a collegi interni il compito di interpretare e applicare le norme sul rapporto di lavoro dei dipendenti e sottrarre le decisioni di questi collegi al controllo della giurisdizione comune “è, in definitiva, un riflesso dell’autonomia degli stessi organi costituzionali”.

 

 

 

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